( Pescasseroli, 23 Aprile 2011 )Il ritrovamento dei resti di uno orso nella Zona tra Alfedena, Scontrone e Castel di Sangro, quasi certamente vittima di bracconieri, date le modalità di occultamento di parte della carcassa, ripropone drammaticamente la questione della sopravvivenza di questa pregiatissima specie animale.
Come è noto, una piccola popolazione di questa speciecarismatica come poche altre in Italia, vive in gran parte nei confini del Parco Nazionale e nella Zona di Protezione Esterna dello stesso, la quale dovrebbe essere riconosciuta dalle Regioni Abruzzo e Lazio – il Molise lo ha fatto! – come Area Contigua ai sensi della legge quadro.
L’Area Contigua permetterebbe un più corretto esercizio della attività venatoria e una più ampiasorveglianza rispetto ad oggi, quando alcune zone restano purtroppo incontrollate e luogo di azione di bracconieri senzascrupoli.
Purtroppo, dice il Presidente del Parco Giuseppe Rossi, pur in presenza di tassi di riproduzione in piena linea con quelli naturali per la specie – come ci dicono i ricercatori impegnati nel Parco – le loro ottime condizioni fisiche e nessun deperimento per scarsità di risorse alimentari, il numero di esemplari viventi continua a diminuire o comunque a non aumentare.
Anche se, dice ancora il Presidente, negli ultimi anni, dalle attività di studio e monitoraggio assicurate dall’Ente, una leggera ripresa sembra esserci.
Certo, se non si pone rimedio al fenomeno del bracconaggio, in particolare fuori dai confini del Parco, e non si regolamentano in modo definitivo alcune attività umane “sportive” ed “economiche”, la sfida della conservazione sarà, alla lunga, molto dura e difficilmente vinta.
La specie subisce, infatti, una mortalità troppo elevata per cause antropiche per permettere un aumento della popolazione e la sua espansione in aree diverse dell’Appennino.
Gli studiosi della Università La Sapienza di Roma e i ricercatori del Parco, che da alcuni anni conducono indagini sull’orso marsicano ritengono che tutto l’Appennino Centrale, soprattutto nei suoi parchi nazionali e regionali e nelle riserve naturali, è una grande area che costituisce habitat idoneo all’orso ma non offresufficiente protezione.
La mortalità dell’orso è troppo alta per assicurare la conservazione della specie in tempi lunghi. Mortalità che sembra legata soprattutto al persistente bracconaggio, all’uso indiscriminato di veleni e anche a una attività zootecnica intensiva basata su mucche e cavalli bradi che si difendono con veleni e fucilate da tutti i potenziali predatori.
La mancanza di impegno e la mancata attuazione di accordi e protocolli – si pensi al PATOM – che evidenzia l’abisso esistente tra il dire e il fare della politica e della amministrazione, fanno il resto. Da una parte, infatti, si fanno e si continuano a fare dichiarazioni d’amore per la natura e la conservazione, dall’altra si continuano a pianificare strade, infrastrutture e impianti in aree di vitale importanza per il futuro dell’orso.
Un dato che fa riflettere è quello delle morti non naturali negli ultimi 40 anni.
Dal 1970, infatti, le morti di orsi per mano dell’uomo accertate dal Parco sono ben 98!
E i responsabili sono purtroppo rimasti in gran parte impuniti.
Comunicato Stampa n. 29/2011